Descrizione
La salsiccia rossa rappresenta una delle peculiarità più rappresentative di Castelpoto, piccolo centro nella valle Caudina, alle pendici del monte Taburno.
La sua lavorazione è particolarmente laboriosa e complessa.
Si inizia selezionando carni suine scelte (prosciutto e spalla) che vengono private di nervature e grasso e macinate in modo grossolano. La stessa operazione è effettuata con lardo e pancetta.
I due ingredienti vengono mescolati tra loro e addizionati di polvere di peperoncini (dolci o piccanti) coltivati in loco, i “papauli” in dialetto locale.
La polvere viene preparata frantumando peperoni piccoli, quelli infilati con ago e filo in collane e poi appese ad essiccare all’aria in un luogo ombroso. Dopo la tostatura in forno a legna, alimentato con legno d’ulivo e quercia, sono macinati manualmente, sino ad ottenere una polvere finissima.
Per fare questo viene fatta una doppia macinatura, prima attraverso un mulino che macina grossolanamente e poi attraverso un apposito mulino che macina finemente.
Quindi, la carne macinata viene impastata con il sale, il finocchietto, il pepe e la polvere di peperone. Così fatto l’impasto, però, risulterebbe troppo asciutto e quindi proprio in questa fase viene aggiunta (in una percentuale variabile tra l’1 e l’1,5%) l’infusione di aglio. Il tutto viene poi ben amalgamato.
Segue una fase di riposo e poi l’insaccatura in budello naturale, pratica ancora oggi eseguita completamente a mano.
La salsiccia viene riposta in locali naturali, dove stagiona sotto la stretta e quotidiana vigilanza dei produttori.
La Salsiccia rossa di Castelpoto è presidio Slow Food.
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